4 aprile 1881, Torino
4 dicembre 1941, Torino
Da Le vergini folli (1907).
IL PIANTO
Il pianto è la benefica rugiada
che nell’ombra ogni nuova anima irrora.
Gioia amara di quella che s’accora
viatrice solinga in buia strada.
Quando sul suo cammin non mai dirada
la notte né il timor, s’attarda un’ora
la pellegrina e geme, e geme ancora
fin che la sua più ardente stilla cada.
Raccoglie allor le sue forze smarrite
e prosegue. Dal ciel pendono mute
le stelle, come lacrime impietrite.
Sola prosegue, col suo cuore solo.
Nè sa se le sue lacrime sperdute
daranno un fior d’amore o un fior di duolo.
***
UN’AMAREZZA
Quell’amarezza fu senza parola:
ma l’assenzio ed il fiele ed il veleno,
tutto ciò ch’è più amaro, dal mio seno
saliva gorgogliando alla mia gola.
L’angoscia che nessun bene consola
più non mi urgeva. Sol d’amaro pieno
era il mio sangue, nè veniva meno
in me quell’onda lenta eguale sola.
M’ammorbava il palato il suo sapore,
n’esalava il disgusto la mia voce,
come l’acredin d’un malvagio fiore.
Pure, un mio riso ritrovai ancora:
quel riso d’un amaro tanto atroce
che stride in bocca e l’anima divora.
***
LA MALINCONIA
Dentro le vene la malinconia
s’insinua, ed è un morbo sonnolento
cui giova non trovar medicamento,
uno stupor di morbida follìa.
Il desiderio più tenace svia,
smemora del più intenso sentimento,
quasi vapori un greve incantamento
d’oppio, in cui goda più chi più s’oblìa.
Essa è come un giaciglio, ove un’inerte
stanchezza ci abbandoni svigorite,
con le treccie disciolte e a braccia aperte.
Ed ha il torpor d’alcune notti estive,
in cui ci s’addormenta indolenzite
dallo spasimo oscuro d’esser vive.
***
ANIMA ERRANTE
Se il mio signore segue la sua via
con cuore assorto o con sereno volto,
sol con sè solo crede andar, raccolto
nel suo pensier, senz’altra compagnia.
Ed ei non vede alcuno che lo spia,
passo passo, alla sua mèta rivolto,
alcun che sta del suo cuore in ascolto
e gli parla con tenera follia.
Ecco: al suo piede un’ombra or lunga or breve
accanto o dietro o innanzi a lui cammina,
nè mai la stanca quel suo andar sì lieve.
Essa è colei che troppo sola muore,
è la notturna anima pellegrina
che persegue il suo sogno ed il suo amore.
***
CONTRASTO INTIMO
Dove un dolente amore si nasconde
un odio sordo quivi pur s’annida;
l’uno inasprisce di sue acerbe strida
l’altro smarrito fra mal note sponde.
L’odio superbo spesso si confonde
all’amor che s’umilia e che diffida,
poi che un’eguale passione guida
entrambi, ciechi, per sue vie profonde,
V’è in noi, forse, una martire che gode
del suo martirio, ed una prigioniera
che si rivolta e le sue corde rode.
L’una vorrebbe baciar quella mano
che contr’essa si fa sempre più fiera.
L’altra avventarle un morso disumano.
***
BELLEZZA DELLA VITA
Bellezza della vita, io non ti trovo.
Pure ti cerco in me, pure ti spio
su fronti di sorelle. Ombre d’oblio
or tento ed or gelosi veli io smuovo.
Il primo balenar d’un riso nuovo
scruto, m’insinuo in qualche spirto pio,
indago ogni speranza, ogni desio,
ma a scoprirti con vana ansia mi provo.
Tu esisti forse in spiriti virili
esperti in trar da ciascun fiore ebrezza,
o in chiara gioia d’anime infantili.
Non nel nostro anelar d’anime inermi:
inquete fiamme, chiuse da saggezza
d’antiche norme fra leggiadri schermi.
***
COMMIATO
Del suo primo esitar non va disciolta
pur sul tacersi la tentata lode,
chè, Sorelle, con duolo intimo l’ode
colei che si godea d’ombra raccolta.
Per senno scarso e per malizia molta
chi poco intende, assai sogghigna e gode.
Vigilava uno spirito custode
muto, il mister di vostra bianca accolta.
Pur, d’ogni velo fatta impaziente,
anime acerbe, macerate, rôse,
io vi snudai con mani violente.
Perdono io trovi. E se la mia parola
ghirlanda temeraria vi compose,
possa il suo ardire umiliar me sola.